Quaresima 2016
Carissimi amici, vi scrivo dalla mia nuova destinazione, Adigrat, nel nord dell’Etiopia, vicino al confine con l’Eritrea. Qualche giorno fa vi ho mandato le prime notizie e impressioni su questo luogo ricco di storia e natura. Attorno a noi, come un anfiteatro, si estende un arco di montagne che raggiungono i 3.400 metri di altitudine e le cui pareti nelle ore di sole richiamano molto le nostre Dolomiti. Non hanno la ricca vegetazione delle nostre montagne, ma solo pietre e qualche arbusto. Tutto ciò non toglie nulla al fascino di questo spettacolo che Dio ogni giorno ci offre e i nostri occhi possono contemplare.
Queste montagne nascondono monasteri, dove si vive ancora secondo la regola del monaco egiziano San Pacomio, e decine di chiesette incastonate nella roccia (la facciata all’esterno, come un pronao, appoggiata alla caverna che accoglie lo spazio principale della chiesa). Qui si arriva solo a piedi, talvolta arrampicandosi con le mani, oppure, per i meno capaci, aiutandosi con corde legate alla vita e sollevate da volontari che dall’alto accolgono i pellegrini. E’ come tornare ai tempi del monachesimo egiziano del quarto secolo, quello di Sant’Antonio Abate, di San Macario e San Pacomio.
Da queste parti ha lavorato mio nonno materno, non so bene in quale periodo, ma sicuramente prima dell’invasione italiana del 1936-41: lavorava come operaio nella costruzione di strade, non era un soldato (d’altra parte nel 1936 il papà di mia mamma era già quasi quarantenne). A 300 metri dalla nostra missione sorge un cimitero militare italiano, a memoria del sacrificio dei nostri soldati, ma anche di una invasione del tutto inutile per noi e causa di sofferenza per il popolo etiopico. Certamente i nostri soldati erano uomini onesti che non avevano cercato la guerra. Per questo mi piace ricordare che mio nonno venne qui a lavorare, spinto unicamente dal bisogno di sostenere economicamente la sua famiglia, e non impugnò armi a servizio dei dominatori.
Come già scrivevo a molti di voi, in questo primo mese di permanenza ad Adigrat mi sono guardato attorno, cercando di capire quali fossero i bisogni più urgenti della nostra missione. Ne ho individuati due, da proporre ai vostri cuori.
Ecco il primo. Adigrat è sulla via che porta in Italia attraverso il Sudan e la Libia. La propaganda dei mercanti di uomini è costante, incisiva e convincente. Molti giovani decidono di partire sognando il paradiso terrestre, un paradiso che non esiste affatto, come noi ben sappiamo. Talvolta ci arrivano notizie di giovani bloccati a metà strada, in Sudan o in Libia: i trafficanti cambiano le carte in tavola a metà percorso, alzando i costi della tratta e minacciando di morte in caso di mancato pagamento. Tornare indietro significa percorrere centinaia di chilometri senza acqua e senza cibo: tornare indietro signifca, nella maggioranza dei casi, morire. E per continuare il viaggio occorre pagare. Il viaggio non costa poco (sicuramente non meno di 5.000 Euro) se si pensa che con un normale volo in aereo si spendono 600-700 Euro.
Ora, facendo qualche calcolo a tavolino assieme a gente del luogo, sono arrivato alla conclusione che con poco più della cifra necessaria per il viaggio verso la Libia, ossia 7.000 Euro, si può aiutare una famiglia etiopica ad iniziare un’attività produttiva stabile, sufficiente a sostenere se stessa con profitti che superano abbondantemente quelli di una paga in Italia o altrove (con l’incommensurabile vantaggio di non finire schiavi in qualche nostra azienda agricola, di godere di quella gratificazione umana che proviene da ogni attività in proprio e di vivere con piena dignità nel proprio paese). Il nostro intervento può orientarsi su due ambiti, attività agricole o commerciali, con l’acquisto di strumenti e la costruzione di piccoli ambienti di lavoro. Questo progetto potrebbe essere chiamato “Adottiamo una famiglia”.
Un secondo bisogno riguarda l’oratorio, circa duecento bambini che frequentano regolarmente ogni giorno la nostra casa. L’incaricato dell’oratorio, Abba Lijo, è un salesiano missionario venuto dall’India, molto capace e attivo, che merita di essere accompagnato nel suo lavoro. Spesso si trova di fronte a situazioni molto critiche e non sempre dispone dei mezzi economici necessari ad affrontarle. E’ possibile aiutarlo ad organizzare tornei sportivi, gite, ritiri e programmi di sostegno scolastico insieme ai suoi animatori? Questo è un progetto più semplice e si potrebbe chiamare “Adottiamo l’Oratorio”. Ad Abba Lijo bastano 7.000 Euro all’anno per poter rendere felici i suoi ragazzi.
Il Tigray, la regione in cui si trova Adigrat, è ogni anno una delle zone più colpite dalla siccità in Etiopia. La sua gente è gente molto laboriosa e abituata alla fatica. Per voi, per tutti noi, può essere solo motivo di soddisfazione l’aver contribuito a cambiare la vita di famiglie estremamente povere, insieme ai loro bambini e ai loro anziani. Il Signore si serve di poco e so benissimo che anche dietro un’offerta di dieci Euro ci sono rinunce e sacrifici. Che non manchi mai chi con una piccola offerta offre tutto se stesso: questo è il contributo più prezioso e gradito a Dio. Chi però può dare molto, lo faccia con cuore generoso: forse neanche voi vi rendete conto dell’immenso bene che fate, di quanta dignità offrite, di quanti volti passano dalla tristezza al sorriso grazie a voi.
Aggiungo che, al contrario di quanto avviene per i progetti di grandi organizzazioni, le vostre offerte arrivano a destinazione intatte. Noi non abbiamo uffici da affittare (ci basta la scrivania in dotazione accanto alla nostra branda), macchine da acquistare (ci muoviamo a piedi o con i mezzi che già possediamo), impiegati da assumere (se proprio diventerete tanti… ci penseremo) e corsi di aggiornamento nei grand hotel (il nostro tirocinio l’abbiamo già completato con anni di esperienza in missione). Ho passato gli scorsi quattro anni lavorando da solo e voi mi avete aiutato a realizzare una casa, una chiesa e un ostello per studenti poveri, oltre ad aver reso possibile gli studi universitari di dieci studenti. Continuerò a lavorare senza spese strutturali e burocratiche, solo con la collaborazione dei miei confratelli, di modo che ogni vostra offerta sia spesa in toto secondo le vostre intenzioni. Carissimi amici, questa Quaresima ci aiuti ad essere sempre più vicini a Cristo sofferente. Chiedo specialmente la preghiera degli anziani e dei malati. Chi è abituato a pregare, reciti un Rosario per noi e per la nostra gente e ci farà un gran bene. Se tutti guardiamo un po’ più spesso alla Croce e a Colei che è rimasta fedele fino alla fine alla passione del Suo Figlio, sarà inevitabile essere più vicini l’un l’altro. Sentiamoci uniti, come Maria e l’apostolo Giovanni, sotto la Croce.
Dio vi sia sempre vicino e Maria vi accompagni sempre. Don Ermanno Roccaro