Lettera di Natale 2021
Gambela, 1 dicembre 2021
Carissimi amici e benefattori,
vi raggiungo questa volta dal caldo degli oltre 40 gradi della piana di Gambella, che presto sfioreranno i 45, secondo previsioni. Avendo sempre vissuto sull’altipiano, devo confessare che adattarmi a queste nuove temperature richiede un certo sforzo. Ma non è impossibile.
Il nord dell’Etiopia, sul confine tra Amara e Tigray, è ancora teatro di combattimenti. I TDF (milizia tigrina, ma poco rappresentativa del popolo tigrino) si sono messi in trappola da soli, marciando verso Addis Abeba e chiudendosi in una sacca lunga parecchi km, così permettendo alle milizie etiopiche di attaccare persino le loro retrovie. Considerando il fatto che nessuna delle due parti è disponibile a negoziare, vedo nella soluzione militare l’unica via di uscita per finire in fretta. A fiuto, direi che la fine della guerra sia alle porte. Ovviamente centinaia di migliaia di giovani sono morti sul fronte.
Gambela è lontana da questi eventi. Per arrivarci ci vorrebbero quasi due ore di volo. Come sapete, sono qui da fine agosto, dopo che Mons. Bergamaschi mi ha offerto la cura pastorale di due villaggi lungo il fiume Baro, Elia e Ibago (pronunciate pure come vi pare).
Elia ha luce e telecomunicazioni, è situato lungo la via sterrata che collega Gambela con il Sud Sudan. La nostra missione comprende una parrocchia e una scuola materna. Ibago invece si raggiunge con una deviazione di 7 km dalla via principale. Anche qui abbiamo parrocchia e scuola materna. E’ una realtà rurale dove civiltà e cristianesimo sono ancora lontani dal mettere radici. Dovrò gestire alcuni operai, 6 a Elia e 6 a Ibago, e le due scuole materne. Le due chiese sono non vecchie ma alquanto trascurate e avranno bisogno di qualche intervento, non tanto strutturale quanto estetico. Le chiese, mi pare ovvio, devono sembrare chiese.
Il primo lavoro da fare sarà quello di rendere agibile la mia abitazione, che comprende un cucinino, una camera e un oratorio, insieme a due servizi. All’esterno c’è un piccolo magazzino ed un altro ambiente dove penso di allestire la lavanderia. L’abitazione non è mai stata usata, il controsoffitto fa filtrare lo sporco che scende dalla zona pipistrelli: senza un intervento sulla copertura rischio di mandarvi in Italia qualche variante Covid. Questo ad Elia (non preoccupatevi, fino a termine lavori, sono alloggiato a Gambela, in episcopio). La settimana prossima inizierò i lavori con due muratori che già conosco dai tempi della mia permanenza in Guraghe.
Ibago, senza elettricità e telecomunicazioni, è meno accessibile. In ciascuna missione, nei giorni scolastici, offriamo un pasto essenziale a cento bambini, per un totale di duecento bambini: latte e biscotti, riso con intingoli vari, polenta con intingoli (polenta e pesce sarebbe la loro prima scelta, ma il pesce costa troppo), a seconda del giorno.
Tuttavia la ragione che mi ha spinto ad approdare qui è il bisogno di una vita più contemplativa. Ecco perché il Vescovo mi ha offerto un terzo villaggio di Korase, a 86 km da Gambela, a 1700 metri di altitudine sull’altipiano (non sono i 2500 di Adigrat, ma mi accontento). Qui, in un terreno molto piccolo, esiste già un magazzino ed una camera usati in tempi passati. Anche qui si tratta di risistemare e vedere di usare alcuni spazi del magazzino per allestire un eremo (camera, cucina e oratorio). E’ un posto incantevole con una vista stupenda sulla valle circostante. Questo sarà puro dono della Divina Provvidenza, perché difficilmente si trovano aiuti per fondare un eremo. Quando si trovano, si sperimenta concretamente quanto il Padre Celeste si prenda cura di noi, individualmente, come i gigli del campo.
Trattandosi di un eremo, qui non dovrei dedicarmi ad attività esterne. Praticamente però, con la povertà che vedrò attorno, cercherò di trovare qualche sano compromesso.
Non è mia pretesa portare a termine tutto questo in poco tempo, ma conto di farcela in tre anni. Sono solo, non ho diocesi italiane o congregazioni religiose alle spalle. Ma ho voi e la benevolenza del Buon Dio, che non mi ha mai lasciato con le gomme a terra.
Colgo l’occasione per augurarvi un Buon Natale (soprattutto ai Giovanni, ai Giuseppe e alle Maria tra di voi, nomi che i potenti della terra vorrebbero cancellare). Non manchiamo di fede. Io so che alcuni di voi, in segreto, pregano per me quotidianamente. E’ la comunione dei santi. Ci sono i santi tra di voi. Ce ne sono in ogni villaggio. Non sono conosciuti, non alzano la loro voce e sono il cuore del mondo. Il Natale, nella sua umiltà, nella sua debolezza, ci riconfermi nella fede: “l’arco dei forti si è spezzato, gli umili si sono rivestiti di vigore”.
Un abbraccio nel Signore.