Lettera di Pasqua dalla missione
Carissimi amici e benefattori,
l’occidente celebra la Pasqua fra pochi giorni, in un’atmosfera di gioia arricchita dal dono del nostro Papa Francesco. La sua umiltà, la sua energia e santità ci hanno già conquistati e ci condurranno lontano.
C’è un gesto umile che fa parte della tradizione di ogni famiglia etiopica. Ogni sera a turno, uno di casa accoglie il padre che torna dal lavoro, lavandogli i piedi dentro una bacinella. Qualche volta è capitato anche a me, al ritorno da un viaggio o dopo una lunga camminata. Se fatto con amore e non con spirito servile, questa gesto comunica grande affetto e accoglienza. L’ora del ritorno, l’ora della sera, è sempre un’ora segnata da affetto premuroso.
Cristo ce ne ha dato l’esempio durante l’ultima cena: spogliandosi della sua veste (la gloria e l’onore che aveva presso il Padre), si cinge i fianchi con un asciugamano (la natura umana datagli da Maria), versa l’acqua della rigenerazione che è simbolo del sangue versato dalla Croce, e lava le anime dei suoi discepoli e, con le loro, anche quella di ciascuno di noi. Quando Lui stesso fu ospitato nella casa del fariseo Simone (Lc, 7), in quella casa non ci fu acqua per i suoi piedi stanchi, nemmeno un bacio di benvenuto, nè profumo per i suoi capelli. Ma una donna di strada, strisciando sul pavimento, senza sistemarsi i suoi lunghi capelli che facevano da schermo contro gli sguardi dei farisei, cominciò a versare copiose lacrime sui piedi di Gesù. Poi estrasse dal suo seno un vaso di prezioso profumo e lo versò sui suoi piedi: non poche gocce, ma l’intero contenuto del vaso, perché l’amore non conosce limiti. Spezzò il vaso, come spezzato sarà il corpo di Gesù sulla Croce.
C’era amore nella sfacciataggine di quella donna, c’è pentimento nelle sue lacrime, sacrificio e dono di sé nel suo profumo. C’è molta umiltà nel sapersi piegare e lavare i piedi della persona amata.
La nostra piccola missione vorrebbe essere questo, sulle orme di Cristo: è un dovere di imitazione, di obbedienza e di amore. Se poi con noi ci sono i piccoli, i bambini, allora l’esempio di un’amore fraterno profondo e di sacrificio diventa imperativo. Ho l’impressione che Papa Francesco ci insegnerà a non abbandonare nessuna anima, a prenderci cura di tutte le anime, specie quelle dei piccoli, dei malati e dei peccatori. Tutti noi possiamo fare del bene senza eccezione, con le nostre preghiere, le nostre penitenze, la nostra santificazione personale.
Un santo diceva che la Chiesa conquista quando la carità conquista. Facciamo alle anime tutto il bene che possiamo: cordialità, dedizione, affabilità, elemosine per i poveri, cure per i malati, qualsiasi cosa per imitare Cristo, per conquistare anime a Dio e accumulare carboni d’amore sulla loro testa. Noi non siamo degli esperti di diritti umani. Vorremmo semplicemente essere segno di fraternità in un mondo “desertificato dall’ abbandono della fede” (Benedetto XVI). Quello che facciamo lo facciamo perché ci sentiamo amati da Cristo e vogliamo che le nostre opere siano portate alla luce, non per amore delle nostre opere, ma perché attraverso di esse si manifesti l’amore di Dio.
Ma voi volete sapere anche cose più pratiche su come vanno i lavori. E vi posso dire che vanno bene. La chiesa è arrivata al tetto, la nostra abitazione è terminata e da settembre potremo ospitare con noi i primi ragazzi. Quando cominciai questa piccola opera ero spaventato dalla mancanza di denaro. Sentivo che il Signore mi spingeva a cominciare, ma le tasche erano vuote. E anche ora capita così: il denaro entra ed esce, le tasche sono sempre vuote. Ma i lavori non sono mai stati interrotti. Questo avviene perché il Signore, attraverso di voi, ci mostra instancabilmente la sua misericordia. Vi ringraziamo io, Ghirma (il giovane che segue i lavori spendendo tempo e vita per la nostra missione) e le sorelle Fetle e Alem (anche loro dedite alla missione senza riserve). Dite una preghiera per noi, soprattutto se siete nella sofferenza.
Vi mando un abbraccio fraterno, e l’augurio di una Pasqua che trasformi e trasfiguri nel bene e nella gioia le vostre vite e le vostre famiglie. Ricordo soprattutto i malati e coloro che non hanno lavoro.
Cordialmente, Padre Ermanno